Trompe L’œil. L’inganno dell’occhio – Perugia, Gallerie dei Gerosolimitani dal 25 maggio al 15 settembre 2013. Di scena 25 artisti europei alle prese con un tema classico della pittura
Il responsabile di tutto questo è Rob Smeets, celebre storico dell’arte e collecteur olandese che nel suo buen retiro nel cuore di Perugia ha scelto di trasformare lo storico complesso dei Gerosolimitani in una sorta di tempio dell’arte. Qui, ogni anno, riunisce un cenacolo di artisti intorno ad un tema che coniuga antico e contemporaneo, attualità e memoria, suggestione e simbolo. E l’appuntamento di quest’anno sembra essere destinato a un gran successo: il tema del trompe l’œil, commistione di inganno e di verità, falso, più vero della natura, è amato da un vasto pubblico e pur volendolo relegare al puro e semplice ambito decorativo, è innegabile che oggi alla straordinaria perizia richiede all’artista sforzi aggiuntivi, non a caso in tempi recenti strettamente sposa iperrealismo e surrealismo.
In realtà il trompe l’oeil è un genere noto sin dall’antichità, lo ritroviamo nelle dimore più ricche della Roma antica, ad esempio, e ancora prima, in Grecia. Ricorda Cristina Galassi nel saggio di catalogo: “L’aneddotica parla del grappolo d’uva del pittore Zeusi, che gli uccelli beccavano tanto era verosimigliante, della finta tenda dipinta da Parrasio, che Zeusi chiese di scostare per vedere il quadro, ma che è essa stessa il quadro, del cavallo dipinto da Apelle, che avrebbe suscitato il nitrito di altri cavalli, delle tegole dipinte, sulle quali i corvi avrebbero tentato di posarsi, fino ai volatili rappresentati da Protogene sullo sfondo di uno dei suoi quadri, ai quali, secondo Strabone, una pernice avrebbe tentato di avvicinarsi. Ma Filostrato descrive anche un dipinto di Narciso alla fonte, con un’ape posata su un fiore, tanto realistica da sembrare vera, al pari della mosca che un giovanissimo Giotto in assenza di Cimabue, racconta Vasari, dipinse sul naso di una figura del maestro, che, tornato, avrebbe tentato più volte di scacciare con la mano”. Caduto in disuso durante i “secoli bui” eccolo riemerge il trompe l’oeil in tutta la sua freschezza durante il Rinascimento e poi ripreso dagli artisti fiamminghi e olandesi del Sei e Settecento, ( Cornelis Gijsbrechts, Samuel van Hoogstraten, Domenico Remps, Jacob Biltius, Wallerand Vaillant, Cornelis Brizé, Christoffel Pierson) e da maestri italiani come Giuseppe Maria Crespi, Giuseppe, Caterina e Pietro Leopoldo della Santa, dai francesi Jean-Baptiste Siméon Chardin, Jean-Baptiste Oudry, Louis-Leopold Boilly, e, nell’800 da una nutrita schiera di pittori americani come William Michael Harnett, John Frederick Peto e John Haberle.
In qualsiasi era lo si voglia considerare, la tecnica dello “scioccare l’occhio” resta la sfida più difficile per i pittori. Richiede una meticolosa attenzione ai particolari, il corretto dimensionamento di ogni dettaglio mentre le sfumature di luce e le gradazioni di colore devono essere perfettamente integrate. Solo così il lavoro a due dimensioni può sembrare tridimensionale, solo così l’occhio si lascia ingannare dall’artista che vuole dirci come l’arte possa confonderci, come possa “prolungare” il reale nell’immaginario.
Nella mostra perugina saranno venticinque gli artisti a reinterpretare questo genere: Philip Akkerman, Arnout van Albada, Agostino Arrivabene, Maurizio Bottoni, Mario ter Braak, Karel Buskes, Tullio Cattaneo, Marco Cornini, Erkin, Henk Helmantel, Lars Lehmann, Mark Lijftogt, Claudia Marchetti, Dennis Møgelgaard, Neil Moore, Pieter Pander, Alessandro Papetti, Jaap Roose, Livio Scarpella, Piet Sebens, Dino Valls, Gerrit Wijngaarden, Kik Zeiler.
“Il trompe l’oeil ha ancora oggi qualcosa da dire, una sua modernità come la mostra vuole dimostrare – prosegue Cristina Galassi - La sua attualità consiste, come scrive Ernst Gombrich, nel legame che unisce pittore e spettatore, ‘sul reciproco potenziarsi dell’illusione e dell’attesa’. Ogni inganno dell’occhio presuppone la presenza di un contesto spazio-temporale, in questa occasione, una moderna galleria e la partecipazione di uno spettatore attivo, che interagisca con l’opera, che la guardi, la studi, la osservi, prima per crederla reale, poi, per ammirare l’abilità del suo artefice, quindi per provare attrazione, divertimento, sorpresa o paura ma anche per riflettere”. (www.legalleriedeigerosolimitani.org )
(g.m)
In realtà il trompe l’oeil è un genere noto sin dall’antichità, lo ritroviamo nelle dimore più ricche della Roma antica, ad esempio, e ancora prima, in Grecia. Ricorda Cristina Galassi nel saggio di catalogo: “L’aneddotica parla del grappolo d’uva del pittore Zeusi, che gli uccelli beccavano tanto era verosimigliante, della finta tenda dipinta da Parrasio, che Zeusi chiese di scostare per vedere il quadro, ma che è essa stessa il quadro, del cavallo dipinto da Apelle, che avrebbe suscitato il nitrito di altri cavalli, delle tegole dipinte, sulle quali i corvi avrebbero tentato di posarsi, fino ai volatili rappresentati da Protogene sullo sfondo di uno dei suoi quadri, ai quali, secondo Strabone, una pernice avrebbe tentato di avvicinarsi. Ma Filostrato descrive anche un dipinto di Narciso alla fonte, con un’ape posata su un fiore, tanto realistica da sembrare vera, al pari della mosca che un giovanissimo Giotto in assenza di Cimabue, racconta Vasari, dipinse sul naso di una figura del maestro, che, tornato, avrebbe tentato più volte di scacciare con la mano”. Caduto in disuso durante i “secoli bui” eccolo riemerge il trompe l’oeil in tutta la sua freschezza durante il Rinascimento e poi ripreso dagli artisti fiamminghi e olandesi del Sei e Settecento, ( Cornelis Gijsbrechts, Samuel van Hoogstraten, Domenico Remps, Jacob Biltius, Wallerand Vaillant, Cornelis Brizé, Christoffel Pierson) e da maestri italiani come Giuseppe Maria Crespi, Giuseppe, Caterina e Pietro Leopoldo della Santa, dai francesi Jean-Baptiste Siméon Chardin, Jean-Baptiste Oudry, Louis-Leopold Boilly, e, nell’800 da una nutrita schiera di pittori americani come William Michael Harnett, John Frederick Peto e John Haberle.
In qualsiasi era lo si voglia considerare, la tecnica dello “scioccare l’occhio” resta la sfida più difficile per i pittori. Richiede una meticolosa attenzione ai particolari, il corretto dimensionamento di ogni dettaglio mentre le sfumature di luce e le gradazioni di colore devono essere perfettamente integrate. Solo così il lavoro a due dimensioni può sembrare tridimensionale, solo così l’occhio si lascia ingannare dall’artista che vuole dirci come l’arte possa confonderci, come possa “prolungare” il reale nell’immaginario.
Nella mostra perugina saranno venticinque gli artisti a reinterpretare questo genere: Philip Akkerman, Arnout van Albada, Agostino Arrivabene, Maurizio Bottoni, Mario ter Braak, Karel Buskes, Tullio Cattaneo, Marco Cornini, Erkin, Henk Helmantel, Lars Lehmann, Mark Lijftogt, Claudia Marchetti, Dennis Møgelgaard, Neil Moore, Pieter Pander, Alessandro Papetti, Jaap Roose, Livio Scarpella, Piet Sebens, Dino Valls, Gerrit Wijngaarden, Kik Zeiler.
“Il trompe l’oeil ha ancora oggi qualcosa da dire, una sua modernità come la mostra vuole dimostrare – prosegue Cristina Galassi - La sua attualità consiste, come scrive Ernst Gombrich, nel legame che unisce pittore e spettatore, ‘sul reciproco potenziarsi dell’illusione e dell’attesa’. Ogni inganno dell’occhio presuppone la presenza di un contesto spazio-temporale, in questa occasione, una moderna galleria e la partecipazione di uno spettatore attivo, che interagisca con l’opera, che la guardi, la studi, la osservi, prima per crederla reale, poi, per ammirare l’abilità del suo artefice, quindi per provare attrazione, divertimento, sorpresa o paura ma anche per riflettere”. (www.legalleriedeigerosolimitani.org )
(g.m)
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